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Consiglio Indigeno di Governo


Le esperienze collettive di autonomia, nate dalle resistenze e ribellioni che siamo, ci hanno insegnato che esercitare l’autonomia nei fatti non è solo una decisione coerente con la lotta dal basso, quella lotta che partendo da quello che siamo abbiamo mantenuto con obiettivi e giuste cause incorruttibili, senza arrenderci nonostante i passi falsi, la repressione, la spoliazione incessante, la denigrazione e le divisioni. Quella lotta che abbiamo mantenuto senza claudicare, né sederci a riposare, perché equivarrebbe ad aspettare la nostra morte collettiva.

Queste resistenze e ribellioni sono forme di governo proprio di ognuno dei nostri territori, sono sforzi collettivi, forme proprie di sicurezza e giustizia, di agricoltura e difesa delle coltivazioni tradizionali, sono forme proprie di educazione e comunicazione. Queste modalità di consenso, accordi e proposte civilizzatorie, rette dai 7 principi che ci governano e che hanno dato una risposta precisa a gravi problemi che affliggono non solo le nostre regioni ma tutto il paese, includendo i campesinos non indigeni e la società urbana, sono la nostra proposta alla nazione intera.

La lotta del Congresso Nazionale Indigeno è in basso, a sinistra e anticapitalista. In questi tempi in cui l’idra capitalista avanza e divora tutto quello che riesce a raggiungere, abbiamo deciso che è giunto il tempo dei popoli, di far vibrare questo paese con il battito del cuore della nostra Madre Terra. Perché prenderci cura della vita e della dignità è nostro dovere, al quale possiamo rispondere solo in forma collettiva.

Durante il Quinto Congresso Nazionale Indigeno, realizzato nel mese di ottobre, abbiamo deciso di eseguire una consulta presso tutti i popoli del CNI per decidere se si accettava nelle nostre comunità la proposta di formare un Consiglio Indigeno di Governo, la cui parola si materializzasse attraverso una donna indigena, delegata del CNI, candidata indipendente in nome dei popoli che integriamo il CNI e della società civile nel processo elettorale dell’anno 2018 per la presidenza di questo Paese. Il risultato della consulta effettuata nel dicembre 2016 fu l’approvazione della proposta, con la partecipazione di 523 comunità, di 25 stati del Paese e di 43 popoli originari.
Ratifichiamo che la nostra lotta non è per il potere, non lo stiamo cercando; al contrario chiameremo i popoli originari e la società civile a organizzarci per frenare questa distruzione, rafforzarci nelle nostre resistenze e ribellioni, in difesa della vita di ogni persona, famiglia, collettivo, comunità o quartiere.

Non confondeteci, non vogliamo competere con i partiti politici perché non siamo la stessa cosa, non siamo le loro parole menzognere e perverse. Siamo la parola collettiva dal basso e a sinistra, quella che scuote il mondo quando la terra trema con epicentri di autonomia.

Perché nella prossima Assemblea del Congresso Nazionale Indigeno che si realizzerà nel mese di maggio a San Cristobal de Las Casas, Chiapas, i popoli che integriamo il CNI  costituiremo il Consiglio Indigeno di Governo (CIG), come parte degli accordi presi nel dicembre del 2016.

Il CIG è il midollo della proposta che il CNI rivolge al Paese e ai popoli originari. È la forma di come ci organizzeremo nazionalmente dal basso e a sinistra per governare questo Paese, partendo dell’altra politica, quella dei popoli, quella dell’Assemblea, della partecipazione di tutte e tutti. È la forma in cui come popoli ci organizziamo per decidere di questioni di autonomia e dei problemi che ci riguardano tutte e tutti. È l’altro modo di fare politica, partendo dall’orizzontalità, dall’analisi e dalle decisioni prese collettivamente.

Il CIG si reggerà sui 7 principi del CNI: servire e non servirsi, costruire e non distruggere, rappresentare e non sostituire, convincere e non vincere, ubbidire e non comandare, scendere e non salire, proporre e non imporre.

Il CIG sarà formato da consiglieri, una donna e un uomo per ogni lingua delle differenti regioni in cui si trovano i popoli, le tribù e le nazioni che conformano il CNI. Consiglieri che saranno eletti secondo gli usi e costumi delle rispettive assemblee e/o spazi di decisione e che si assumeranno l’impegno di partecipare attivamente in questo spazio e di riportare alla propria assemblea le proposte e le azioni che emanino del CIG.

Il CIG non promuoverà una candidata ma una portavoce. Una donna indigena, perché è stata la discriminata, umiliata, maltrattata, la più povera dei poveri per il solo fatto di essere donna. La donna indigena che, per secoli, non solo ha vissuto la violenza di questo sistema capitalista, ma anche di questo sistema patriarcale, che le ha imposto un silenzio senza voce né voto nella sua stessa casa e comunità, dell’obbedienza all’uomo, della negazione a decidere sulla sua vita e sul suo corpo. Dell’estremo sfruttamento del suo lavoro senza nessuna paga, un lavoro che non finisce mai, perché lei è la prima a svegliarsi e l’ultima ad andare a dormire. Perché è quella che ha portato i pesi maggiori, che più ha sofferto per la sua gente assassinata, fatta sparire, perché è quella che ha vissuto in carne propria la violenza e l’abuso, sul suo corpo e la sua sessualità, come parte di questa guerra di sterminio.

Una donna indigena che parla la sua lingua, perché è guardiana della sapienza della sua cultura, del prendersi cura della sua famiglia e del suo popolo. Guardiana y donatrice della vita e della nostra Madre Natura. La figlia del cuore di colori, quella che ad ogni passo semina speranza, quella che costruisce la vita con le altre e gli altri, quella che lava e sana i cuori dall’odio e dal potere. Quella che intreccia nei suoi capelli la memoria del popolo.
Una donna indigena che parli la sua lingua e che sia del CNI, perché ha dignità, perché sa lottare con altre e altri, perché sa ascoltare le parole e i cuori, perché sa tessere unità con amore, coraggio e decisione.

Lei sarà quella che contenderà per la Presidenza della Repubblica. Lei sarà quella che diffonderà la voce del Consiglio Indigeno di Governo a tutto il Paese, a tutto il mondo. Lei sarà quella che diffonderà la voce dei popoli e della società civile. Lei sarà tutte e tutti noi.